Luna piena...

Questo è praticamente un raccontino breve nato da un sogno che ho fatto tempo fa, ispirato da una certa zona che ho visto qua vicino e da una certa persona che purtroppo non è così vicino

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La luna splendeva alta nel cielo, ma nemmeno il suo chiarore illuminava le ombre di quella foresta, ombre dove non era difficile intuire il movimento di altre ombre, e da dove si udivano rumori strani.
Nessuno nel paese osava o voleva parlare di quella foresta, anche se era parte dello stesso paese, estendendosi in parte all'interno della periferia, sebbene le case della periferia fossero tutte disabitate e successivamente popolate di stranieri, gente che non conosceva nè il paese nè la foresta, gente che non sapeva nulla del passato, gente come me.
Ero fuori, stavo rientrando dall'unico locale decente del paese, ed era parecchio tardi. Per tornare a casa dovevo passare davanti alla foresta, un tratto di poche centinaia di metri, che facevo tutti i giorni, ma stavolta non era giorno.
Forse fu la luna, forse la birra, ma mentre camminavo attraverso il terreno, ho percepito una presenza nascosta nell'ombra. Non temevo delinquenti, sia per il fatto che non ne avevo mai visti in questo paese, sia perchè ero sotto gli effetti dell'alcool, e sebbene non posso ubriacarmi, divento comunque spavaldo e sbruffone senza ritegno, talvolta persino temerario.
Mi voltai e rimasi a guardare le ombre nere come la notte più oscura, finchè decisi che non c'era niente da vedere, e fu allora che sentii il fruscio del vento e percepii la presenza vicina a me. Malgrado l'alcool, ebbi un brivido di freddo e mi tirai su il colletto del giaccone, prima di proseguire fischiettando e canticchiando, temendo negli oscuri meandri del mio subconscio di sentire una voce che rispondesse al mio canticchiare.
Giunsi nella zona abitata, raggiunsi la mia casa ed entrai nel cortile, mi avvicinai al portone e, mentre cercavo le chiavi in tasca, sentii nuovamente una presenza accanto a me, mi voltai e la vidi: una gatta randagia, molto bella, mi guardava tenendosi a distanza, senza avvicinarsi e senza far rumore. La chiamai, ma non si mosse. Mi avvicinai di un passo e si allontanò, tenendo costante la distanza tra di noi, allora non ci pensai più ed entrai nel portone.
Pochi minuti dopo ero nel mio appartamento, ma il pensiero della gatta mi occupava la mente, presi una ciotola con del latte e una scatoletta di tonno, scesi e la misi accanto al portone, alzai lo sguardo e vidi la gatta in fondo al cortile che mi fissava. Sorrisi impacciato e mi allontanai. Il mattino dopo non vi era più traccia di cibo e latte, solo la scatoletta e la ciotola completamente pulite, che raccolsi e portai a casa.
La sera nuovamente vidi la gatta, riportai nuovamente la ciotola e del cibo, e nuovamente lei non si lasciò avvicinare, ma al mattino successivo trovai tutto pulito.
La cosa andò avanti alcuni giorni, finchè una sera uscii di casa per recarmi al locale, dove trovai il solito gruppo di amici, ma stavolta c'era anche una nuova arrivata: una donna che non avevo mai visto prima, ma pareva che mi conoscesse da come mi guardava. Feci per avvicinarmi ma lei si voltò rivolgendo il suo sguardo altrove e mi fermai, dedicandomi agli amici e alla birra. Poco dopo la rividi e mi accorsi che stava fissando proprio a me, sorrisi e feci un passo verso di lei, e lei non si mosse, continuò a guardarmi.
Io mi avvicinai e la raggiunsi, lei mi guardò senza dire niente, io la salutai e le chiesi se fosse nuova del posto, dato che non l'avevo mai vista prima. Lei mi rispose che non era nuova, ma era parecchio tempo che non veniva più in quel locale.
La sua voce era strana, melodiosa e calda, ma aveva un accento strano, un sottofondo particolare che non riuscivo a definire.
Le ho offerto da bere, abbiamo parlato un po' e infine è giunta per me l'ora di tornare, e ho visto che anche lei si è alzata, con l'evidente intenzione di andar via. Ne sono rimasto felicemente sorpreso, anche se non capivo perchè, ma la cosa più strana è stata che lei si è incamminata nella stessa direzione che seguivo io.
Le sorrisi, dicendole che era bello fare la strada insieme, lei sorrise e mi si avvicinò, prendendomi a braccetto.
Camminando raggiungemmo la foresta, e lei non si era ancora staccata da me, quindi cominciai a pensare che abitasse nel quartiere dove abitavo io, ma era strano che non avessi mai notato una così bella donna.
Lei si strinse a me, all'improvviso, e mi resi conto che c'era qualcosa che la turbava nella foresta. Non potei fare a meno di preoccuparmi, ripensando alle sensazioni provate quella sera, ma dovevo ovviamente essere forte, per lei. La abbracciai e accelerai il passo, superando presto la zona più oscura e tenebrosa, raggiungendo le case, dove le chiesi dove abitasse, pronto ad accompagnarla fino al portone di casa.
Lei si diresse decisa verso la strada dove abitavo io, e infine verso il palazzo dove abitavo io, ma era impossibile: non avevo una vicina così affascinante, anzi, non ricordo nemmeno di avere una vicina, a parte le mogli di alcuni colleghi.
Fui sconcertato quando lei mi guardò sorridendo e mi disse che stava lì, in quel palazzo.
Le risposi che anch'io stavo lì, e mi sorrise dicendomi che lo sapeva: mi aveva visto diverse volte e aveva apprezzato la mia gentilezza con quella gatta randagia.
Non ho idea di cosa sia successo, ma pochi minuti dopo eravamo nel mio appartamento, seduti sul divano, abbracciati.
Le carezzai i capelli, corti tra nuca e collo, e lei sembrò eccitarsi, pareva quasi fare le fusa mentre muoveva delicatamente la testa sotto la mia mano.
Le sue labbra erano invitanti, deliziosamente invitanti, e la baciai.
Non passò nemmeno un minuto, che eravamo entrambi nudi, avvinghiati stretti carezzandoci e baciandoci con passione sempre crescente, finchè l'eccitazione di entrambi giunse al culmine e facemmo l'amore.
Mentre riprendevo fiato e la baciavo, notai i suoi occhi, verdi come la foresta che avevamo attraversato, ma con vaghi riflessi dorati, e glieli baciai.
Al mattino mi svegliai e non la vidi: se n'era andata durante la notte.
Non la vidi più nel locale e non la vidi nemmeno nella casa, dove nessuno aveva mai visto una donna così affascinante e con quegli occhi così particolari.
Solo una donna anziana, nel negozio vicino, mi guardò stranamente quando sentì la descrizione, dicendomi che ero stato fortunato a incontrare questa donna e ad essere ancora vivo per raccontarlo. Le chiesi se si trattava di una folle assassina, ridendo, ma lei mi guardò spaventata, mormorò la parola «stregoneria» e non tornò mai più sull'argomento.
Quella sera tornai a casa tardi, riattraversai la foresta e provai nuovamente una strana sensazione.
Quando giunsi al portone, percepii la presenza accanto a me, mi voltai sperando di vederla, ma c'era solo la gatta in fondo al cortile. Le sorrisi chiedendole «Sei tornata?» e mi avviai a prendere la ciotola col latte. Scesi, posai la ciotola e la gatta si avvicinò lentamente.
Rimasi a guardarla affascinato dalle sue movenze sinuose, finchè fu abbastanza vicina da vederle gli occhi: verdi come la foresta, ma con riflessi dorati.

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