Procedere per Kragujevac


Partiamo quindi dall'aeroporto di Belgrado e imbocchiamo immediatamente l'autostrada, attraversiamo Belgrado e usciamo fuori, nel mezzo della buia notte serba, in mezzo al nulla più assoluto.
L'autostrada sfreccia sotto di noi (sfrecciare è una parola grossa: il limite è 120 e il tassista lo rispetta appieno) e a un certo punto dal nulla appare una stazione di servizio che, oltre che di carburante, fa anche il pieno di viveri volendo, e noi vogliamo: ci fermiamo e il mio collega ordina un paio di sendvik za promsuta innaffiati da una coka (scopro che si tratta di sfilatini con prosciutto e formaggio e coca cola), mangiamo e poi ripartiamo.
Noto che i cartelli stradali sono scritti in bilingue, o meglio sono scritti in serbo (alfabeto cirillico) e croato (alfabeto latino), e mi accorgo che riconosco molti simboli dell'alfabeto cirillico (evidentemente la 'campagna di Russia' ha influito parecchio su di me), e mi accorgo anche che la nostra destinazione (Kragujevac) dista da Belgrado quasi 150 km.
Ripartiti, il mio collega telefona a coloro che ci aspettano (Architetto e CapoCantierista) e si volta poi verso il tassista dicendogli di non andare a casa ma andare direttamente al Lovaz, poi mi spiega che è un ristorante locale dove stanno cenando tutti.
Arrivati lì, scendiamo e troviamo l'allegra combriccola al tavolo, accompagnati da diverse persone (altri colleghi serbi) e da un paio di belle ragazze, tra cui una bionda dagli occhi profondi e misteriosi.
Mi ritrovo quindi ad assaggiare la prima cena serba, una cena basata sulla carne e non propriamente leggera, ma che recupera in gran parte il vuoto che aveva già lasciato il panino di prima.
Dopo di questo, andiamo tutti a casa e mi accorgo che è parecchio tardi, ma sembra che qua in Serbia gli orari serali non influiscano molto sulle persone.
Entro nella mia camera, poso la valigia e mi spoglio, visto il caldo estivo, quando mi bussano alla porta, apro e vedo Architetto, in mutande come me, che mi fa salire al 4 piano nella stanza di CapoCantierista, dove beviamo un bicchierino di rakja (la grappa locale) e nel frattempo mi raccontano la storia completa dei retroscena del mio viaggio in Serbia.

Commenti

  1. "To be continued"...
    Io comunque, al vedere un architetto in mutande che mi invita in camera sua, mi preoccuperei un attimo. Soprattutto, mi passerebbe la voglia di raccogliere saponette.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. No problem: lo conosco da anni ormai!
      Certo sarebbe stato meglio se mi avesse invitato l'architetto dell'altra storia, ma non si può avere tutto dalla vita... :P

      Elimina
  2. ehehe rido per il commento di lukasbrunner....ma siete andati in giro per l'albergo mezzi ignudi?? E' pericoloso bere troppo muhauha

    RispondiElimina
    Risposte
    1. No, quasi completamente ignudi: indossavamo esclusivamente i boxer. Comunque non era un albergo, ma un condominio con 15 alloggi, di cui noi ne occupavamo 6 sparsi nei 4 piani, che percorrevamo in lungo e in largo per la gioia del vicinato.
      Ci saranno in futuro anche aneddoti sui vicini di casa serbi, in particolare la mia vicina... ;)

      Elimina

Posta un commento

Tranquillo, il tuo commento dovrà essere approvato dall'amministratore.
Non preoccuparti se non apparirà immediatamente, non sono sempre online... ;)

Post popolari in questo blog

Presentazione...

Comincia il lavoro

Rivelazioni