Le terre longobarde non consistono solo nella megalopoli caotica, ma ci sono molti altri posti forse meno conosciuti dai più, ma ben noti a un vampiro.
Un giorno, nella Piccola Ditta dove facevo tutto, GrandeCapo mi disse “Domani mattina vieni qua alle 6!” “Alle 6? Per essere qua alle 6 devo prendere il tram alle 5, e non so nemmeno se ci sono tram a quell’ora..” (non è vero: i tram cominciano a sferragliare sotto casa mia alle 4, ma lui non lo sapeva, e all’epoca non ero automunito..)
“Cerca di arrivare per le 6, che c’è da andare fuori sede!” “Dove?”
“A Legnano..” “Legnano? Dove c’è la lega?”
“No, noi andiamo dalle suore, al solito..” “Che palle! Mai una volta che ci divertiamo: le leghiste sono più fighe delle suore..” (anche perchè la media dell'età è sicuramente inferiore ai 65 anni)
L’indomani mattina, prima che il sole sorgesse, io ero lì, tra le tenebre, a suonare al citofono della ditta, e PiccoloCapo mi aprì (almeno anche lui era stato tirato giù dal letto in orario strano) e mi fece andare in magazzino, dove un paio di ragazzi cantieristi stavano caricando il materiale dentro il furgone.
La mia roba (lo strumento e le sonde) era già dentro, quindi afferrai un paio di blocchi e una manciata di penne e balzai a bordo.
GrandeCapo si mise alla guida, con me a fianco e i ragazzi nel sedile dietro, imboccando quasi subito l’autostrada per Milano e procedendo a velocità di crociera come fossimo sul Millenium Falcon o meglio, su un caccia stellare dell’Impero (stranamente però non vedevo i pannelloni laterali e nemmeno GrandeCapo aveva indossato un’armatura nera dalla quale uscivano i rumori amplificati del suo respiro)
Il viaggio proseguì con GrandeCapo che, per evitare di addormentarsi mentre filava a 180 all’ora, raccontava storie stupide e urlava ai ragazzi dietro quando vedeva nello specchietto che si erano addormentati. Tutto questo fino all’uscita dal Piemonte: che dopo il Ticino, alla prima uscita, abbandonammo l’autostrada per incanalarci in una stradicciola lungo i campi, fino a quando girò per buttarsi direttamente fuori strada nei boschi, o meglio in un sentiero sterrato che manco si vedeva, dove il furgone passava giusto giusto.
Ovviamente il sentiero era a doppio senso e ovviamente a un certo punto arrivò un’automobile dalla direzione opposta, quindi entrambi si spostarono in modo da avere una ruota sul sentiero e l’altra nel prato, e si incrociarono rasentando lo strofinamento (Ma caXXo! Ma siamo in Lombardia o in Vietnam? Ma che caXXo di strade sono?)
Al termine del lunghissimo sentiero (mentre stavo notando che nessuno dormiva più) imboccammo una stradicciola appena più grande, che si avvicinò a dei centri abitati, finchè non giungemmo alla nostra destinazione, Legnano.
Procedendo ancora oltre, uscimmo dalla cittadina e raggiungemmo l’obiettivo: una casa di riposo in costruzione, dove dovevamo montare gli impianti e cominciare le misure di quanto già installato.
Otto ore di lavoro, un’ora di pranzo al bar a Legnano, e quattro ore di viaggio (2 andata e idem ritorno).
Tutto questo si ripetè per molto tempo: 3 settimane. Tre lunghissime settimane di guerra con viaggi allucinanti (anche se guidava qualcun altro) e misurazioni sconcertanti (da parte mia: i cantieristi lavoravano nella cabina elettrica nel sotterraneo, ma gli impianti nei piani erano a posto e toccava a me girarmi l’intero fabbricato, stanza per stanza, per misurare tutto, a partire dalla continuità per finire alla caduta di tensione, anello di guasto e livello di illuminazione sia normale che di emergenza. Oltre alla misurazione dell’impianto di terra, ma fortunatamente il prato era vasto, quindi non avevo problemi per piantare i picchetti..
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Fammi indovinare: GrandeCapo era uno di quei maniaci delle scorciatoie?
RispondiEliminaPenso proprio di si, ma ti dirò che non era tanto la strada in sè a far venire gli incubi, quanto il modo allucinante di guidare che aveva lui
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