Riccione, truppe coloniali..1

La prima volta che sono stato in caserma, avevo ben 7 anni, e il periodo di servizio è durato esattamente 6 settimane.
Era estate, il grosso ente per cui lavorava mio padre aveva messo a disposizione dei dipendenti, per i propri figli che avevano terminato le scuole, la colonia estiva, sita presso la famosa cittadina della riviera romagnola.
L’autobus ci raccolse a Torino, poi proseguì verso Milano dove raccolse ulteriori vittime sacrificali, per giungere infine a Riccione, entrando nel cortile della caserma e scaricandoci dentro, mentre una folla di caporali travestiti da signorine aspettava il nostro ingresso.
Schierati tutti in riga, cominciò la complicata fase dell’appello, durante la quale una signorina alla volta si avvicinava e chiamava alcuni nomi da un foglio, e i chiamati si avvicinavano a lei, che al termine diceva loro “Seguitemi!” e sparivano dentro una delle numerose porte, e nessuno li rivedeva più.
Quando venne il mio turno, la signorina raccattò il gruppo e ci portò dentro una porta, su una scala, lungo un breve corridoio dove c’erano ben 3 porte, lei indicò la porta a sinistra e disse “Bambine, aspettatemi lì dentro!” e le bambine sparirono dietro la porta, poi indicò la porta di destra e disse “Bambini, voi lì dentro!” e noi entrammo, scoprendo un camerone con tanti lettini affiancati da un armadietto e tanti armadi contro la parete.
Dietro accurato controllo, provvedemmo tutti a disfare le valige per riporre la roba (accuratamente piegata come solo dei bambini saprebbero fare) dentro gli armadi e ognuno si accaparrò di un lettino.
Dopo di ciò scendemmo verso lo stanzone sottostante dove erano stati preparati dei tavolini apparecchiati e dove provvedemmo a cenare.
Quella sera fu tranquilla, anche per via della stanchezza accumulata nel viaggio, ma il mattino dopo scoprimmo di essere finiti all’inferno!
La sveglia suonò agli altoparlanti poco dopo l’alba.
La signorina travestita da caporale entrò nello stanzone e ci chiamò urlando “Sveglia! Giù dalle brande! Lavatevi, vestitevi e poi scendete sotto!”
Obbedimmo e facemmo colazione, per poi uscire nel cortile e partecipare all’alza bandiera.
Dopo la cerimonia, ci rimandarono in camera per indossare la divisa degli assaltatori lagunari (costume da bagno), quindi ci portarono oltre un cancello nella spiaggia riservata della caserma, dove passammo la mattinata completa in esercitazioni belliche sulla spiaggia e dentro l’acqua.
Fine esercitazioni, doccia, rimettere la divisa da caserma e pranzo.
Al pomeriggio, dopo una pausa di riposo, ci esercitammo in giochi vari in cortile, sempre sotto l’occhio attento e le urla di richiamo dei caporali istruttori travestiti da signorine..
Un paio di volte facemmo anche delle escursioni nelle vicinanze.
Furono 6 lunghe settimane di impegni rigidi e serrati. Un’esperienza unica nella vita di un bambino di 7 anni, specie considerando che era fatta al di fuori di Sparta..

Commenti

  1. Devo ancora trovare qualcuno che abbia dei bei ricordi della colonia. Ho come l'impressione che ci fosse qualcosa di orrendamente sbagliato proprio nell'impostazione generale...

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  2. :D Bravo, MK, una descrizione spassosissima! :clap:
    Quoto Lukasbrunner...Chi non ha subito traumi, alzi la mano. Io ricordo, tra le varie "cerimonie rituali", la distribuzione di carta igienica (tre smilzi pezzettini a testa: per averne un paio in più, in previsione di una mega produzione, anche scatenata da intolleranze varie ai cibi prodotti in massa, bisogna umiliarsi pubblicamente col "caporale", davanti a tutto il "reparto"). E il dentifricio? Una puntina sullo spazzolino...

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  3. @ Lukas: credo anch'io che ci fosse qualcosa di sbagliato proprio nelle impostazioni.

    @ Carissima: innanzi tutto grazie :D
    Ho saltato alcuni episodi simili a quelli che hai descritto, altrimenti veniva una storia a puntate ciascuna puntata, visto che in realtà è già una storia a puntate... ;-)

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  4. Credo di essermi ricordato che cosa ci fosse di sbagliato nelle impostazioni... Le colonie erano nate non come luogo di villeggiatura, ma come luogo curativo, per portare i biNbi al mare o in montagna (o comunque all'aperto) e (tentare di) prevenire così rachitismo e/o malattie polmonari, che ancora ai tempi dei nostri nonni facevano strage. L'uso come "mandiamo il bimbo in vacanza" era in realtà un abuso - più o meno come mandare i bimbi in vacanza in un ospedale. Ed un ospedale degli anni '30, per giunta! (L'impostazione derivava da lì) Il che penso che abbia traumatizzato un'intera generazione. Io per fortuna me la sono scampata...

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  5. > più o meno come mandare i bimbi in vacanza in un ospedale. Ed un ospedale degli anni '30, per giunta!

    In effetti hai ragione, non l'avevo considerata sotto questo punto di vista.

    > Il che penso che abbia traumatizzato un'intera generazione. Io per fortuna me la sono scampata...

    Già. Buon per te, io invece non ce l'ho fatta a scamparla...

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  6. Senza voler farvi sentire male, ci sono bimbi qua in Argentina che non hanno proprio niente, e che quando grazie al governo o qualche entitá riescono ad andare in vacanza alla colonia sono proprio felicissimi.

    Mi ricorda un poco i tempi in cui studiavo all'uni a Parma (2004-7) ed i miei compagni si lamentavano che il cibo in mensa non era come quello che preparava la mamma. Io pensavo "Cavolo, ti costa 5 euro massimo, cosa vuoi..."

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  7. Si, la motivazione era quella, ricordo che il dottore stabiliva sempre: "Le farebbe bene l'aria di mare (o di montagna)", e siccome c'era il lavoro dei genitori e si poteva andare in vacanza tutti insieme solo ad agosto, a luglio scattava l'operazione colonia o kinder heim (che era un pochino più teutonico come organizzazione). Però mi ricordo che la divisa, poi, si utilizzava tutta l'estate: t-shirt col marchio (una figata, erano le prime, me ne ricordo una con un orso stupendo, marrone, stampato davanti, con abete verde sul fondo), berrettino bianco per la domenica, blu o marrone per i giorni feriali, sandaletti e calzoncini...me li invidiavano tutti...sob! che magra consolazione!

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  8. Morànar, i bimbi che non hanno niente e per i quali la colonia è già un lusso esistono anche in Italia. E non sto parlando solo di figli di immigrati... Ciò non toglie comunque che debba esserci un minimo di livello di qualità nel servizio che viene offerto: per 5 euro non pretendo i tagliolini al tartufo, ma se trovo la sabbia nella pasta e gli involtini carbonizzati, permettimi di lamentarmi anche se pago poco. Idem, se vado in colonia, capisco che devo adattarmi alla vita in comune, ad una certa disciplina, eccetera: ma se devo farmi due mesi di sergente maggiore Hartmann, qualcosa che non va comunque c'è!

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  9. Non l'ho chiarito, ma per 5 euro il cibo era eccellente. Buone pizze fatte al momento, varietá di insalate, piatti caldi... Non era la mensa dei principi, ma si mangiava benissimo il 95% delle volte.

    E lo so che ci sono poveri anche in Italia, ma ho sentito qualcuno parlare sull'argomento in Argentina proprio questi giorni.

    Se poi in colonia le condizioni sono da balilla, e c'è la Spezzindue a organizzare, sì, sono un'altro paio di maniche.

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  10. La mensa del POLI
    Primi
    lunedi pasta in bianco
    martedi pasta al sugo
    mercoledi pasta alla panna
    giovedi pasta salsa aurora (sugo + panna)
    venerdi pasta pasticciata
    Notate un certo trend?

    sui secondi nulla da dire visto che sono fatti al momento con la griglia

    sulle pizze secondo me alcuni dovrebbero venircele a copiare

    il giorno prima come secondo wurstel e crauti giorno dopo calzone wurstel e crauti

    una volta ci hanno rifilato la pizza con la lattuga (e stranamente una dei contorni del giorno prima era lattuga)

    Ora io non chiedo di mangiare da savini (ristorante molto rinomato di Milano) per 6€ ma almeno che almeno non ricliclino la pasta per 1 settimana.

    Ci son giorni in cui chiedi la pasta del giorno e le signore che te la servono ti dicono " no piccina che te sei allergica a questa " e io non ho allergie ^_^

    Sabri

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