Esco dall'ufficio, non è tardissimo, ma ormai le tenebre sono ovunque: è passata la bella stagione.
L'aria è gelida, l'odore stantio proveniente dal Grande Fiume pervade ovunque l'ambiente, ma fortunatamente un principio di raffreddore mi impedisce di assaporare appieno tali effluvi...
Lancio un'occhiata verso il Grande Fiume, dal quale si alza come un vapore la nebbia, oltre il quale vedo le luci che illuminano la caratteristica cupola della Gran Madre (una chiesa molto particolare...) e il riflesso bluastro delle decorazioni natalizie della collina dei Cappuccini, che appaiono incerti tra la nebbia del Grande Fiume...
Mi stringo nel giaccone, sollevando il colletto, e mi avvio nella direzione opposta, verso la fermata del tram...
I semafori appaiono come spettri luminosi nella nebbia, tra i fugaci fuochi fatui dei lampioni, mentre mi approssimo alla fermata del tram, dove altri spettri come me sono in attesa...
Il gelo mi pervade, guardo l'ora sul parchimetro e mi rendo conto che dovrò aspettare almeno venti minuti per l'arrivo di quello sferragliante carrozzone giallo che mi lascerebbe a oltre un chilometro da casa, dove dovrei attendere un altro autobus... rifletto sul fatto che in poco più di mezz'ora arrivo lo stesso a casa, a piedi... e mi avvio...
La strada è semicelata nella nebbia, persino i suoni sono ovattati, le persone che incontro sono poco più di fantasmi, che appaiono come ombre e svaniscono dopo un istante, le luci delle vetrine dei negozi ancora aperti si sforzano di contrastare la nebbia, mentre io cammino spedito lungo la mia strada, raggiungendo il limite del giardino: quando i palazzi scompaiono nel nulla e dalle tenebre nebbiose vedo apparire le scheletriche sagome degli alberi, è il momento di girare, puntando verso il ponte del fiume, non il Grande Fiume che ormai ho lasciato alle mie spalle, ma il vivace torrente a fianco del quale abito (almeno in questo l'acqua scorre, e non c'è odore di stantio...)
Attraverso la strada seguendo i consigli di un semaforo spettrale, sperando di non essere travolto da qualche deficiente che non si rende conto che correre con la nebbia è il modo più rapido per giungere al cimitero (e crepasse solo il deficiente, non sarebbe poi un gran danno, specie visto che è una specie che non corre pericoli di estinzione...) e mi ritrovo sul lungofiume, ultimo chilometro di strada per giungere a casa...
L'illuminazione pubblica, inadeguata e pressochè inesistente, rende la strada cupa, i rumori delle anatre selvatiche si intrecciano con quelli dei ratti a caccia, nell'eterna lotta tra predatori e prede, mentre ombre furtive di rari passanti appaiono e scompaiono rapidamente tra la nebbia e le tenebre...
Un cane ringhia nell'oscurità, alzo lo sguardo e mi accorgo di essere giunto all'altezza della carrozzeria, intravedo il cancello dietro il quale gli occhi rossi e feroci della belva scrutano nella mia direzione e, con una scrollata di spalle, proseguo nell'ultimo tratto di strada.
Raggiungo il semaforo e attraverso, incamminandomi a fianco degli ultimi resti di quell'isolato che tempo fa era stato fatto crollare con metodologie americane, mediante esplosioni controllate di dinamite, al cui posto ora c'è un'informe strato di sterpaglie, dove corrono nervosamente i ratti del fiume adiacente.
Giro l'angolo e passo accanto alla fermata dell'autobus, il secondo che avrei dovuto prendere, dove una eterogenea folla urla e impreca in tutte le lingue, poco più in là alcuni tipi stanno spacciando sostanze stupefacenti, incuranti del fatto che all'angolo dopo, anche tra la nebbia è possibile vedere i lampeggianti di un auto della polizia o dei carabinieri, impegnati nel solito controllo di routine della fauna che popola quella zona...
Raggiungo il portone, senza preoccuparmi troppo né delle larve umane che si avviano verso il fiume per prepararsi la propria dose di morte, né di coloro che stanno usando la fermata dell'autobus e le auto posteggiate nelle vicinanze come un gabinetto... faccio un po' di attenzione a coloro che si allontanano correndo dalla macchina con i lampeggianti: non sia mai che iniziasse una sparatoria e pensassero bene di prendersi il sottoscritto come ostaggio...
Apro il portone, con le mani intirizzite dal gelo, entro dentro, lo chiudo e mi avvicino all'ascensore... finalmente sono a casa...
andare al lavoro...
Ormai è praticamente inverno...
Le giornate sono corte, al punto che mentre mi approssimo all'ufficio, camminando lungo l'argine del Grande Fiume Padre delle Nebbie, vedo spuntare l'alba, e la collina di Superga appare come uno spettro nell'incerto chiarore che traspare dalla foschia, mentre alle spalle, la collina dei Cappuccini appare come un fuoco fatuo, avvolta nel bagliore bluastro delle illuminazioni natalizie, e la cupola della Gran Madre (una chiesa molto particolare) appare sospesa nel vuoto attraverso la nebbia...
La vita scorre nella sua tragica e ineluttabile normalità, mentre il fioco chiarore illumina i Murazzi, scoprendo un mondo diverso da quello dei ritrovi notturni più “in” della città, un mondo di locali chiusi e aree deserte, dove si aggirano come fantasmi le larve umane dei tossicodipendenti, alla ricerca del pusher, per implorare la loro dose, senza potersela permettere...
Camminando sul ponte, facendo attenzione a evitare di pestare siringhe abbandonate piene di sangue e resti organici di notti di baldoria e tragedia, non si può fare a meno di notare il Grande Fiume, con la sua acqua fangosa, dove si agitano veloci gabbiani, aironi, anatre e cormorani, e dove alcuni folli siedono immobili intenti a pescare strani pesci, immobili per il freddo che penetra nelle ossa, o probabilmente già morti, senza nemmeno rendersene conto, mentre a pochi passi si agita un fitto sottobosco vivente di ratti, e ogni tanto fa capolino qualche biscia...
Un forte odore di stantio pervade l'aria, attenuando l'odore acre degli escrementi e dei rigurgiti che appaiono all'improvviso un attimo prima di metterci dentro il piede... mentre proseguo lungo un marciapiede rattoppato all'inverosimile, con tombini sporgenti e cocci di bottiglie, segni delle lotte che pervadono la vita notturna della zona...
All'improvviso, dalle nebbie appare lo spettro del vecchissimo palazzo dove ha sede la Grande Società presso cui lavoro...
Attraverso la strada passando davanti a una larva umana incurante di tutto, seduta sopra i resti di uno scarico organico, forse di sè stesso, che si sta preparando per una iniezione dell'unica cosa che ormai ha un minimo di valore per lui, mentre l'ombra di uno sferragliante tram giallo esce dalla nebbia, e raggiungo il portone, facendo gli ultimi metri lungo un marciapiede dove la legge che impone la raccolta degli escrementi animali non deve essere stata recepita, e davanti al quale individuo le macchine di alcuni dei miei colleghi... una ha sul parabrezza la solita multa per il mancato pagamento del posteggio in zona blu, quindi so già che non appena rientrerà dal bar in cui sta facendo colazione, sentirò una sequela di imprecazioni da enciclopedia... (è un bene che esistano certi colleghi, almeno il comune non ha motivo di aumentare le imposte...) più avanti, proprio di fronte al portone, la macchina inconfondibile di Piccolo Capo (il responsabile della progettazione, ovvero di tutte le cavolate che facciamo noi umili schiavi...), con qualcosa di strano: il finestrino appare danneggiato, mi avvicino e vedo che il finestrino è sfondato e dentro c'è un disastro di vetri rotti, materiale buttato all'aria e forse materiale mancante...
Entro dentro l'ufficio e lo avviso, lui esce di corsa per controllare e, tra imprecazioni e bestemmie, mi avvisa che andrà alla vicina stazione dei carabinieri per denunciare il fatto...
Io accendo il computer, raccolgo i miei appunti e inizio a fare il mio lavoro, sempre più triste.
E poi qualcuno mi chiede anche come mai il mio umorismo è così a sfondo macabro...
Le giornate sono corte, al punto che mentre mi approssimo all'ufficio, camminando lungo l'argine del Grande Fiume Padre delle Nebbie, vedo spuntare l'alba, e la collina di Superga appare come uno spettro nell'incerto chiarore che traspare dalla foschia, mentre alle spalle, la collina dei Cappuccini appare come un fuoco fatuo, avvolta nel bagliore bluastro delle illuminazioni natalizie, e la cupola della Gran Madre (una chiesa molto particolare) appare sospesa nel vuoto attraverso la nebbia...
La vita scorre nella sua tragica e ineluttabile normalità, mentre il fioco chiarore illumina i Murazzi, scoprendo un mondo diverso da quello dei ritrovi notturni più “in” della città, un mondo di locali chiusi e aree deserte, dove si aggirano come fantasmi le larve umane dei tossicodipendenti, alla ricerca del pusher, per implorare la loro dose, senza potersela permettere...
Camminando sul ponte, facendo attenzione a evitare di pestare siringhe abbandonate piene di sangue e resti organici di notti di baldoria e tragedia, non si può fare a meno di notare il Grande Fiume, con la sua acqua fangosa, dove si agitano veloci gabbiani, aironi, anatre e cormorani, e dove alcuni folli siedono immobili intenti a pescare strani pesci, immobili per il freddo che penetra nelle ossa, o probabilmente già morti, senza nemmeno rendersene conto, mentre a pochi passi si agita un fitto sottobosco vivente di ratti, e ogni tanto fa capolino qualche biscia...
Un forte odore di stantio pervade l'aria, attenuando l'odore acre degli escrementi e dei rigurgiti che appaiono all'improvviso un attimo prima di metterci dentro il piede... mentre proseguo lungo un marciapiede rattoppato all'inverosimile, con tombini sporgenti e cocci di bottiglie, segni delle lotte che pervadono la vita notturna della zona...
All'improvviso, dalle nebbie appare lo spettro del vecchissimo palazzo dove ha sede la Grande Società presso cui lavoro...
Attraverso la strada passando davanti a una larva umana incurante di tutto, seduta sopra i resti di uno scarico organico, forse di sè stesso, che si sta preparando per una iniezione dell'unica cosa che ormai ha un minimo di valore per lui, mentre l'ombra di uno sferragliante tram giallo esce dalla nebbia, e raggiungo il portone, facendo gli ultimi metri lungo un marciapiede dove la legge che impone la raccolta degli escrementi animali non deve essere stata recepita, e davanti al quale individuo le macchine di alcuni dei miei colleghi... una ha sul parabrezza la solita multa per il mancato pagamento del posteggio in zona blu, quindi so già che non appena rientrerà dal bar in cui sta facendo colazione, sentirò una sequela di imprecazioni da enciclopedia... (è un bene che esistano certi colleghi, almeno il comune non ha motivo di aumentare le imposte...) più avanti, proprio di fronte al portone, la macchina inconfondibile di Piccolo Capo (il responsabile della progettazione, ovvero di tutte le cavolate che facciamo noi umili schiavi...), con qualcosa di strano: il finestrino appare danneggiato, mi avvicino e vedo che il finestrino è sfondato e dentro c'è un disastro di vetri rotti, materiale buttato all'aria e forse materiale mancante...
Entro dentro l'ufficio e lo avviso, lui esce di corsa per controllare e, tra imprecazioni e bestemmie, mi avvisa che andrà alla vicina stazione dei carabinieri per denunciare il fatto...
Io accendo il computer, raccolgo i miei appunti e inizio a fare il mio lavoro, sempre più triste.
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