Ritorno in Serbia 2 - Il primo giorno in Serbia

Una sensazione angosciosa opprimeva la mia mente, facendomi star male, oscurando il mio animo e alterando i miei pensieri, al punto che a un certo punto non capisco più nulla, se non che c'è qualcosa che non va attorno a me!

Al mattino prestissimo, malgrado l’orario tardo in cui mi sono addormentato, apro gli occhi oppresso da un cupo senso di disperazione, e mi rendo conto che non si trattava di un incubo: ero veramente nel mio alloggio in Serbia: mi saluta persino il ragnetto che costruiva le tendine, che mi stava fissando dall’angolo opposto della stanza.
Mi alzo, vado in bagno, uccido uno scarafaggio che evidentemente era convinto che ormai l'alloggio fosse disabitato e mi faccio una doccia, scoprendo che almeno la bolletta di acqua e metano erano state pagate, quindi riprovo per l’ennesima volta a sistemare la connessione, ma invano.
Mi dedico quindi a prepararmi la colazione, mentre sento i passi dei vicini che scendono. Poco dopo sento il rumore della Punto aziendale che parte e scendo quindi, portando dentro il cortile la mia auto abbandonata la notte precedente sotto la pioggia.
Sistemata in modo da non ostacolare i passaggi, procedo con l’inizio della sistemazione della mia roba, che mi rendo conto essere ancora più di quanto ricordavo. Le valigie si riempiono abbastanza rapidamente e vedo che qualcosa continua a rimanere in attesa nell’armadio.
In quella avverto il tentativo di forzare la porta, e dopo una rapida bestemmia, con un coltellaccio in mano, mi avvicino alla porta e la apro, vedendo la signora delle pulizie che sta scendendo, si volta e mi vede, quindi mi saluta e mi dice qualcosa che non capisco ma che mi fa pensare che non abbia molta voglia di venire a pulire... Peraltro, considerando bene il tutto (compreso lo scarafaggio) mi rendo conto che è parecchio tempo che non si fa vedere a fare il suo dovere da me, ma non me ne frega niente: la saluto e richiudo la porta.
Ho sistemato la roba dell’armadio, e mi rendo conto che potrebbe essere ora di mangiare, quindi guardo cosa trovo ancora di commestibile negli armadietti e nel frigo, e scopro con piacere che ho ancora diversa roba mangereccia, quindi mi dedico all’arte culinaria.
Mangiato, riprendo a lavorare e a dedicarmi al facchinaggio, attingendo a piene mani dalla riserva di sacchi neri che la signora aveva abbandonato nel mio cassetto, e che finalmente troveranno un utilizzo pratico, dato che le valigie erano ormai esaurite e non avevo alcuna idea di dove piazzare tutta la roba che mi rimaneva, maledicendo mentalmente il fatto che in 3 anni si sia accumulato un simile quantitativo di roba, come se avessi dovuto vivere lì per sempre... e rendendomi conto che era proprio così: c'è stato un periodo in cui credevo (e temevo) di dover vivere per sempre in Serbia, a Kragujevac o al massimo a Belgrado, in un mondo straniero e ostile, in situazioni che, se continuavano com'erano, erano realmente al limite del livello di pura sopravvivenza.
Questo cieco e folle terrore mi ha dato la carica per continuare senza sosta, senza nemmeno pensare a un caffè, talmente ero ridotto alla follia e alla disperazione
In quell'istante mi resi conto che non ero disperato per essere in Serbia, ma che ero disperato per essere solo, completamente solo! Non c'era nessuno a cui rivolgere la parola, nessuno che mi desse una mano, nessuno che potesse fare qualcosa per me se in quel momento fossi crollato. E capii che la mia paura più folle era proprio quella: la solitudine che non mi aveva infastidito per 3 lunghi anni ora mi aggrediva con una ferocia incredibile, riversando su di me ogni possibile dubbio, facendomi dubitare persino della mia pseudo-sanità mentale, giungendo a farmi addirittura pensare di ripartire subito, abbandonare tutto, scappare... scappare come un vigliacco!
Ma non era possibile!
Io non ho avuto paura 3 anni prima di infilarmi in una situazione che avrebbe fatto desistere chiunque, non ho avuto paura di scendere in prima linea senza nessun addestramento, non ho avuto paura del fuoco amico che era fin superiore a quello nemico, non ho avuto paura delle condizioni di vita ai limiti dell'umano... non potevo certo farmi dominare dalla paura proprio adesso che stavo facendo l'ultima cosa che mi restava da fare in quelle terre aliene!
Lanciai un ruggito feroce, esclamando il mio nome e in quel momento un fulmine possente illuminò il mondo esterno mentre il cielo tremò e il boato del tuono scosse l'aria. La follia era finita! La paura era cessata! Ora c'ero solo io!
La luce selvaggia nel mio sguardo rivelava un'energia in continua crescita, energia che usai per proseguire il mio lavoro senza nessuna sosta, fino all'ultimo istante, quando mi fermai ansante e sudato, osservando i risultati di quella prima giornata ormai finita.
Alla fine della giornata, sono soddisfatto del lavoro: fuori non ho altro che un paio di cambi di abbigliamento per i giorni successivi, pacchetti di cibo aperti e quasi esauriti che mi serviranno per il sostentamento immediato e qualche bottiglia di acqua minerale. 
Mi aspetta una giornata di chiusura delle pratiche arretrate, caricamento in macchina del materiale e tempo libero per me... se non fosse per la pioggia che continua imperterrita e mi deprime profondamente.
Avevo sentito i passi del mio collega che risalivano al piano superiore, avevo poi sentito scendere e avevo quindi capito che si trovavano per mangiar fuori, quindi avevo immaginato di raggiungerli o di andare anch’io al ristorante, ma no: la pioggia mi aveva fermato!
Mi alzo, chiudo la finestra con un mega bestemmione che fa tremare tutto l’universo, e carico le valigie, portandole sotto e mettendole in macchina.
Torno sopra e mi dedico a prepararmi una cenetta veloce, poi continuo a fare avanti e indietro e riempire la macchina con tutti i sacchi neri, trasformando la mia Punto in un caravan zingaresco.
Alla fine, la stanchezza mi prende e mi getto nuovamente sul divano, cercando di dedicarmi alla lettura ma nulla da fare: crollo addormentato senza nemmeno rendermene conto.
E così si conclude il secondo giorno di viaggio, ovvero il primo giorno in Serbia.

Commenti

  1. Da come ne racconti sembra piuttosto che la paura che ti ha colto fosse quella di non tornarci mai più. Una sorta di nostalgia di un posto che oramai cominciavi a considerare casa tua

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    1. Ammetto che ero arrivato a considerarlo casa mia, ma prima di tornare in Italia. In quel momento ho capito che non era mai stato davvero casa mia, anche se forse c'erano alcuni vantaggi rispetto all'Italia, ma la somma finale era comunque nettamente a sfavore della Serbia.

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  2. Io la capisco bene questa sensazione.

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