Fu in quel momento che, guardando fuori dalla finestra, capii che era ormai finita!
La vidi mentre si allontanava lungo la strada, 3 piani più sotto, camminando rapida senza voltarsi.
Continuai a guardarla mentre diventava sempre più piccola e distante, anche quando era ormai praticamente impossibile vederla o distinguerla dal resto.
Continuai a guardare senza più alcuna speranza di rivederla: in fondo sapevo benissimo che non sarebbe più tornata o che, se per caso fosse tornata, nulla sarebbe stato più come prima.
Ero triste!
Un groppo in gola mi toglieva il respiro!
E' vero: l'avevo trattata male, molto male!
Non avevo rispettato le promesse che le avevo fatto, anche se sapevo bene che me le aveva estorte e non erano state fatte spontaneamente, cosa che mi faceva sentire meno in colpa ma sempre male lo stesso.
Guardai ancora: era ormai impossibile distinguere qualsiasi cosa, eppure sapevo che era lì, sentivo che alla fine si era voltata e guardava anche lei quell'edificio che lei continuava a distinguere, pensando forse che alla finestra c'era chi cercava il suo sguardo invano.
Non so cosa sia successo, non so cosa accadde negli attimi successivi, ma so che all'improvviso presi la mia decisione: afferrai il giaccone e scesi le scale di corsa, raggiungendo la strada e dirigendomi nella stessa direzione in cui l'avevo vista scomparire.
La distanza era enorme e le condizioni atmosferiche non aiutavano: neve, fango, freddo, ghiaccio... tutto si parava contro di me per impedirmi di portare a termine l'unico gesto intelligente che potevo ancora fare!
Tutto l'universo tramava contro di me, ma quando una cosa mi interessa davvero nemmeno l'universo può nulla per ostacolarmi!
La vidi in distanza: era ferma, immobile, voltata verso l'edificio, e a un certo punto mi vide.
Il suo viso cambiò espressione!
Mi guardò in un misto di emozioni in cui lo stupore predominava, incerta se venirmi incontro o scappare via.
Approfittai di tale incertezza e la raggiunsi.
Allungai il braccio verso di lei, lei mi afferrò la mano e mi aiutò a superare l'ultimo dislivello ghiacciato.
La guardai un istante, lei mi fissò: i suoi occhi erano fissi sui miei, le sue labbra erano incerte se sorridere o prepararsi per un bacio, le sue guance stavano arrossendo, che era sicuramente meglio che diventare cianotica per il freddo.
Le sorrisi, abbracciandola stretta stretta.
Lei si accocolò contro di me, aspettandosi anche un bacio, ma restò sconcertata quando le chiesi "Ma ti pare che ti lasciavo andare via così?"
Mi guardò un attimo, prima di rispondere "Perchè? Che intenzioni hai?"
"Vuoi davvero andartene?"
"Certo: lo voglio... e devo farlo...!"
"Sei sicura?"
"Si... credo..."
Le labbra si poggiarono sulle sue, un lungo istante mentre abbassavo la mano lungo la sua schiena, sfiorandole le chiappe, prima di spostarla sul manico del suo borsone.
Lei mi guardò e sospirò, poi chiese "Perchè stai facendo questo?"
"Così avrai un motivo per tornare!"
"Credi che non ce l'abbia già un motivo per tornare? ...e uno per andare...?"
"Certo, ma in questo modo sono sicuro che tornerai!"
"Lo sai che non dipende da me!"
"Appunto! Ma se per caso non dovessi tornare, in questo modo nulla andrà sprecato!"
"Stronzo!!!" e si voltò, avvicinandosi al taxi che si era accostato.
La guardai salire, poi abbassò il finestrino e disse sorridendo "Non finirle tutte, che lunedì sera sarò di nuovo qua!"
"Tranquilla: ne lascerò un paio per il pranzo di martedì! Mangiamo insieme?"
"Ovvio, come sempre!" disse mentre il taxi partiva per portarla verso l'aeroporto e io rispondevo al suo saluto un attimo prima di voltarmi, raccogliere il suo borsone e tornare in ufficio.
Lungo la strada aprii il borsone e ne assaporai il profumo: per il weekend ero a posto, c'erano abbastanza pizze fatte in casa, con le sue mani... non dovevo adattarmi a pranzi strani in qualche locale serbo...
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