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Visualizzazione dei post da ottobre, 2008

Vieni con me in cantina?

ExStagista deve seguire un cantiere presso uno stabilimento e sta cercando di documentarsi sui procedenti lavori fatti per quello stabilimento dalla Grande Società, per non essere proprio impreparata. A un certo punto si rende conto che gran parte della documentazione è stata archiviata opportunamente in cantina, in quanto abbastanza vecchiotta. Si prende quindi i numeri di commessa dei lavori che le interessano, si fa dare da Segretaria le chiavi della cantina e decide di scendere per recuperare la documentazione. Segretaria le fa “Guarda che è meglio se ti fai accompagnare da qualcuno: se succede qualcosa, chi ti trova più?” ExStagista ci pensa un po' e si convince che il discorso è giusto, scopre che Segretaria non è disposta a scendere con lei e si dirige verso l'area tecnica.. L'unico presente in sede sono io (gli altri sono tutti fuori: era il periodo delle olimpiadi...) e così mi fa “Vieni con me in cantina?” La guardo un attimo e, con un sogghigno diabolico, le

Per evitare i fulmini, sto a gambe larghe..

ExStagista (come ogni stagista che si rispetti) seguiva i cantieri. Siccome era inconsueto che una ragazza si presentasse in cantiere (molto meno del fatto che una stagista si presentasse in cantiere), costei si rivolgeva sovente agli altri cantieristi per avere consigli su come agire, come comportarsi con gli operatori e come risolvere i problemi senza finire per sbaglio dentro una colata di cemento.. Un giorno seguiva dei lavori relativi agli impianti elettrici e, in mancanza di meglio, venne da me per chiedere consigli.. “Ciao MK” “Ciao” “Senti..” “Uh?” “Avrei un problemino..” “Uno solo? Beata te!” “No dai.. ho bisogno del tuo aiuto!” “Per cosa?” “Sto seguendo quel cantiere e abbiamo piazzato la gru!” “E allora?” “Per l'impianto elettrico della gru come devo fare?” “Lo devi fare te?” “Dai, devo fare i disegni e dare le indicazioni, così lo faranno in sicurezza..” “Allora, l'alimentazione la prendono direttamente dalla fornitura tramite interruttore e linea dedicata.

Vuoto...

Oggi mi è capitato di osservare una cosa strana: per alcuni istanti ho fissato gli occhi di una persona che mi guardava in silenzio, senza proferire parola... per alcuni istanti, perché poi non ce l'ho fatta a sostenere quello sguardo, per via di quello che ho visto. Mentre guardavo quegli occhi, ho visto dentro un baratro profondo: una voragine buia e cupa, un buco nero dove regnava solo la disperazione. Mi sono trovato per un istante lungo una vita a precipitare dentro quel baratro, scorgendo lungo la mia caduta i resti di una vita disperata e svuotata da ogni bellezza: un vuoto ipnotico dove non era difficile scorgere i resti di una serie infinita di sogni infranti e di disillusioni costanti, di tradimenti e di ferite, di rabbia e rancori profondi, di devastazione e di morte, di disperazione e di perdita totale. Nulla poteva più colmare quel baratro, eppure era evidente che c'erano stati accenni di ricostruzione, anche recenti, come era evidente che non era sempre stato così

Pausa pranzo – lunedi

Come ogni giorno, alla fine si arriva all'una. A quel punto, l'intero ufficio è in fermento (già da almeno mezzora), perché si è giunti all'ora della pausa pranzo, dove ognuno dà libero sfogo alle proprie preferenze culinarie. Il regolamento interno della Grande Società prescrive che si mangi nella saletta interna appositamente dedita allo scopo (ex gabinetto riadattato per ospitare la sala da pranzo oltre alla macchinetta del caffè e al fornetto a microonde) Il locale è realmente microscopico, al punto che occorre fare i turni per mangiare, ma tant'è: l'ex sala da pranzo è stata riadattata a sala riunioni, chiusa a chiave e impedito l'accesso. Nel tavolino ikea a 3 posti si asserragliano quelli del primo turno deponendo un fazzoletto di carta a uso di tovaglietta e cominciano a divorare il pasto (chi un panino, chi un qualcosa di strano da scaldare nel fornetto), mentre quelli del secondo turno aspettano in piedi davanti all'ingresso, ostacolando il pas

Pausa pranzo

E' l'una, malgrado tutto non piove, così approfitto per fare la mia solita pausa pranzo godendomi anche la mia solita ora d'aria (o di libertà). Metto il giubbotto (siamo a ottobre e fa freschetto anziché no...), prendo il sacchetto con il mio paninazzo ed esco, dimenticandomi di ogni singola cosa relativa all'ufficio, tranne che di bloccare il computer a scanso di usi impropri... Apro il portone, esco in strada e attraverso la via, devastata dai lavori in corso, giungendo sulla passeggiata dei Murazzi. Scendo fino alle panchine, mi accomodo in una panca al sole (stile lucertola) e, incurante di coloro che portano a spasso i cani (freddolosi e frettolosi, che trascinano la bestiola mentre sta facendo, provocando danni inimmaginabili...) mangio il mio panino. Appena finito mi alzo e scendo sull'altra passeggiata, quella proprio sulla riva del fiume, ammirando il ponte di piazza Vittorio, la cupola della Gran Madre (che è una chiesa molto particolare...) e la coll

Fess-book...

Sono appena entrato in ufficio, in ritardo come ogni lunedì, quando vengo accolto da una marea di risate, che mi fanno pensare di avere qualcosa di strano addosso... controllo subito di non avere tracce addosso del motivo del mio ritardo o di non avere dimenticato la bottega aperta, ma quando mi convinco che è tutto a posto e io sono sempre affascinante come al solito (*) ecco che mi rendo conto che le voci ridenti sono le solite (Disegnatrice, Termica, Stagista e Segretaria) quindi capisco che non c'è nulla di interessante, ciò nonostante attivo lo stesso il neurone dedicato e vengo colto da frasi del tipo “Ma mi fai amica?” “Si, ti ho fatto amica, e ora fammi amica tu...” “E io posso fare amici i tuoi amici?” “Si, ma prima devono chiederti se li fai amici...” “E gli amici degli amici?” “Sono miei amici...” Non sono sicuro se sono entrato in un asilo (vista l'età fisica dei soggetti non credo... per quella mentale nemmeno, al massimo il nido...), così mi accingo a chiedere ch